IL PAESE CHE ARRETRA

RECOVERY FUND PER UN NUOVO DISEGNO DELLA NAZIONE

Il 7 ottobre si è celebrata, come ogni anno, la giornata internazionale del lavoro dignitoso che si cala in un contesto allarmante che richiede una risposta determinata e di ampio respiro, a cominciare dai prossimi provvedimenti sul tavolo della politica. Siamo preoccupati per l’aggravarsi delle disuguaglianze che coinvolge ampie platee di cittadini a cui stata negato il diritto a progettare e a realizzarsi: i giovani, le donne, chi un lavoro ce l’ha e non solo chi lo cerca. Quella attuale è la prima generazione che sta peggio dei propri genitori e che pur lavorando non è detto che riesca a ripararsi da un destino di povertà.
L’ascensore sociale si è fermato. Un giovane italiano impiega 12 anni in più di un suo coetaneo svedese per lasciare la casa dei genitori. Nel nostro Paese i ricchi sono soprattutto figli dei ricchi e i poveri figli dei poveri; 1 giovane occupato su 3 guadagna meno di 800 euro lordi al mese, secondo l’Oxfam e Il 13% degli under 29 italiani versa in condizione di povertà lavorativa. Non siamo un Paese per giovani.
Gli oltre 3 milioni di lavoratori precari, i quasi 4 milioni di lavoratori irregolari, il fenomeno ancora troppo diffuso del caporalato agricolo e di quello digitale, gli oltre 13 milioni di cittadini che nel nostro Paese attendono il rinnovo del contratto, gli atti di dumping salariale e i contratti pirata (pensiamo a quello firmato recentemente per i riders), le inaccettabili morti sul lavoro ci impongono di scuotere una situazione di illegalità e disattenzione che deve essere posta in cima alle priorità del cambiamento.
Gli stipendi non tengono il passo del costo della vita e il potere d’acquisto dei lavoratori italiani è in continua flessione: i prezzi dei beni di consumo sono aumentati più delle retribuzioni. Chi lavora nel nostro Mezzogiorno guadagna mediamente 4 mila euro lordi all’anno in meno rispetto a un occupato nel Nord Italia. Ed è ancora intollerabilmente d’attualità il divario retributivo di genere, aggravato dalla necessità di assistenza parentale che troppo spesso ricade sulle sole spalle delle donne.
Ora basta! Chiediamo al Governo e alla politica di dare vita a un nuovo contratto sociale per una rinnovata ripartenza che metta al centro le persone. Chiediamo lungimiranza e visione nei prossimi passi dell’Agenda nazionale e internazionale. Si utilizzino al meglio le risorse del reco- very fund convogliandole in un nuovo disegno di Paese.

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