IL LIMITE TRA LE PAROLE ED I FATTI
Sono numerose le crisi del Territorio che attanagliano come una morsa i cittadini, i lavoratori e famiglie, ed appaiono prossimi al nulla la reale intenzione per fronteggiarle e arginarle. Questo non è come lo definisce qualcuno semplicemente un dato di fatto, ma a nostro giudizio, un dato da analizzare e riflettere molto attentamente.
Si parte dalla madre di tutte le vertenze, quella dell’ex ILVA che prende avvio dal lontano del 2012 e che conta 8200 diretti e 1600 di ILVA
in Amministrazione Straordinaria a cui si aggiungono i circa 4000 lavoratori dell’appalto. Si prosegue verso quella latente di Leonardo Grottaglie nel settore aerospazio, che parte dal 2019 e tende ad addensare nubi ancor più oscure per effetto della pandemia. Un bacino questo che riguarda circa 1300 lavoratori diretti e 400 dell’appalto.
Poi c’è Ylport, la vertenza portuale che prende il passo dal 2014 e
che riguarda 420 lavoratori dell’ ex TCT collocati nella Taranto Port
Workers Agencycon verso una pericolosa scadenza, quella del 31 dicembre 2021. In aggiunta, Deltauno ed Assetieffe, sempre del settore portuale a Taranto; 30 lavoratori in capo alla prima e 25 alla seconda, completamente sforniti di tutele. Segue la vertenza della Miroglio, nel settore tessile, in crisi dal lontano 2008 per un totale di 60 lavoratori sforniti di tutele. E poi c’è quella arcinota della Marcegaglia del settore del fotovoltaico, dal lontano 2014. Circa 25 lavoratori in trattamento di mobilità in deroga con il pericoloso scalare della stessa, per effetto di una norma legislativa, miope e non più contemporanea, in specchio al dramma occupazionale e di crisi complessa dell’Area ionica. C’è anche la vertenza che ha riempito il tamtam di notizie di questi giorni, quella della società partecipata del Comune
di Taranto Infrataras ex Isolaverde che riguarda 131 lavoratori.
Partendo dalle macro vicende legate all’ex ILVA e di quella Leonardo, di cui i nostri lettori sono dotti quanto, e più di noi, possiamo tentare di analizzare l’approccio verso quelle minori, con una visione grandangolare rispetto al problema stesso. Tentando inoltre, attraverso l’analisi che segue, di com- prendere in realtà se si abbia da parte istituzionale, compiutamente il senso di cosa stia realmente accadendo al lavoro, ai lavoratori ed al nostro Territorio.
Proprio partendo dal caso singolare della vertenza INFRATARAS, una partecipata del Comune di Taranto, il cui contratto è scaduto il 24 febbraio u.s., si può facilmente comprendere quanto distanti siano le parole dai fatti e gli intenti. In questa triste vicenda, il sindacato ha più volte tentato di coinvolgere la Provincia di Taranto; tentativo caduto nel vuoto per la puntuale assenza della stessa.
Si tratta di un’azienda della Società Partecipata della medesima Amministrazione Provinciale Taranto ex Isolaverde e nonostante ciò, l’Ente, continua a disinteressarsi del destino occupazionale dei 131 lavoratori, perfino con il ruolo di stazione appaltante nell’affidamento di diverse opere ed interventi.
Eppure, non sarebbe del tutto impossibile ricercare una soluzione se solo la si volesse, basti pensare che la dimensione dell’area della provincia ionica da bonificare, stimata in 540 kmq tra interventi a terra e a mare, unita alla consistente mole dei finanziamenti affluiti nel tempo, potrebbe facilmente vedere un beneficio per i lavori legati alla bonifica in quanto Taranto beneficia (si fa per dire) delle attenzioni previste in quanto Area di crisi industriale complessa. A voler dar risalto alle trombe, si pensi che il CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo), ha previsto una clausola ad hoc di salvaguardia in favore dei lavoratori espulsi dai processi produttivi che vengono impiegati nelle opere di bonifica.
A tal riguardo ricordiamo il progetto “Verde Amico”, la cui positività dell’attività svolta è stata perfino oggetto di unanime apprezzamento da parte di tutti i livelli istituzionali poiché di durata prossima ai 24 mesi ed ha consentito l’effettuazione di una pluralità di interventi di bonifica del Territorio.
I finanziamenti per interventi di natura sociale concessi ai comuni dell’area di crisi complessa ammontano ad un totale di 30 milioni €, di cui 20 per il solo Comune di Taranto. Mentre il finanziamento del Progetto di Riconversione e di Riqualificazione Industriale (PRRI) con una dotazione di 30 milioni € ne ha impegnati solo 7. Dei 9.4 milioni € recentemente assegnati alla Regione Puglia per la bonifica dei siti inquinati e abbandonati, chissà perché tardano a giungere puntuali informazioni.
Questo mette a nudo, ancora una volta, il deficit delle pur apprezzabili risorse finanziarie pubbliche messe a disposizioni del territorio che, allo stato dei fatti, non solo non producono alcun posto di lavoro aggiuntivo, ma si mostrano finanche inefficaci nel frenare le emorragie di quelli esistenti.
Pur avendo le risorse, quando non si è in grado di arginare l’emorragia occupazionale per appena 131 lavoratori, peraltro già formati per quelle attività, come si può avere la presunzione di mirare a ragionamenti futuri con il vessillo della ricollocazione di migliaia, e ribadiamo migliaia, di lavoratori.