BACHECA POPULARA

PREOCCUPAZIONE PER LA DRAMMATICA SITUAZIONE IN AFGHANISTAN

Le immagini di questi giorni provenienti dall’Afghanistan ci hanno riportato indietro di 20 anni, consegnando alle nostre memorie una serie di quesiti irrisolti riassumibili in un’unica domanda: come e perché siamo arrivati a questo punto? l’invio delle truppe in Afghanistan nel 2001, in seguito agli attentati dell’ 11 settembre, era percepito diversamente. Allora, si parlava di “guerra al terrorismo”.

La guerra in Afghanistan, iniziata il 7 ottobre 2001, ha visto l’avvio delle ostilità con l’invasione del territorio controllato dai talebani, da parte dei gruppi afghani loro ostili dell’Alleanza del Nord, mentre gli USA e la NATO hanno fornito, nella fase iniziale, supporto tattico, aereo e logistico. Nella seconda fase, dopo la conquista di Kabul, le truppe occidentali, statunitensi e britannici in testa, hanno incrementato la loro presenza anche a livello territoriale per sostenere il nuovo governo afghano: Operazione Enduring Freedom.

Nel maggio 2021 viene avviato il ritiro dall’Afghanistan delle ultime truppe statunitensi e della coalizione NATO. In concomitanza con il ritiro, le forze talebane lanciarono attacchi in diverse aree del Paese, riconquistandone la parte settentrionale. Il 15 agosto i talebani entrano anche nella capitale Kabul, mentre il presidente afghano Ashraf Ghani fugge alla volta dell’Uzbekistan, passando per il Tagikistan.

In totale 53 italiani sono morti in Afghanistan: 31 uccisi in azioni ostili (uno è morto una settimana dopo essere stato ferito durante il raid in cui è stato salvato dopo la sua cattura), 10 in incidenti stradali, 2 di infarto, 1 per un colpo partito accidentalmente durante il caricamento della propria arma, infine, 1 di malattia. I feriti sono 651.

La UILM esprime la sua forte preoccupazione per la drammatica situazione in Afghanistan e sollecita, per il tramite delle segreterie nazionali e confederali il Governo italiano a farsi parte attiva, insieme a tutta la comunità internazionale.

Serve una rapida unità d’intenti affinché siano da subito aperti corridoi umanitari per tutte e tutti coloro che sono in pericolo e perché siano garantiti i diritti umani internazionalmente riconosciuti, i diritti delle donne e i diritti di tutto il mondo del lavoro.

Sarà inoltre importante e decisivo per la comunità internazionale, di intervenire diplomaticamente.

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