Taranto, 17/11/25
L’ultimo incontro, tenutosi a Palazzo Chigi, si è svolto in un clima surreale in cui il governo,
attraverso la presentazione di alcune slide, ha mostrato quello che, secondo le anticipazioni
dei ministri a mezzo stampa, avrebbe dovuto rappresentare il progetto in grado di garantire
la decarbonizzazione degli impianti con la piena tutela di ambiente e occupazione.
Nulla di tutto ciò è previsto dal “piano” che noi abbiamo definito sin da subito come un
PIANO DI CHIUSURA! Le uniche cose certe emerse, in quelle poche e sintetiche slide, sono
la chiusura di ulteriori impianti e l’aumento della cassa integrazione utilizzata sulla pelle
dei lavoratori e che, a partire dal 1 gennaio 2026, salirà a 6000 lavoratori.
È evidente che è stato del tutto sbagliato accelerare sulla procedura di gara di vendita
internazionale, avviata in tempi brevi e senza che fosse realizzato il piano di ripartenza di
luglio 2024 presentato dalla gestione commissariale.
Piano di ripartenza che è stato condiviso e sottoscritto con le organizzazioni sindacali e che
aveva un chiaro obiettivo: uscire dalla fase di crisi generata dalla gestione di Arcelor Mittal
attraverso interventi strutturali sugli impianti per consentirne la marcia degli stessi al fine di
garantire il processo di decarbonizzazione.
I segretari generali nazionali di Fim, Fiom e Uilm durante l’incontro hanno respinto con
determinazione quel piano di dismissione chiedendo sin da subito di ritirarlo per poter
proseguire con la discussione di merito sul futuro dell’ex Ilva. A seguito di una pausa chiesta
dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sono tornati in sala chiedendoci di
proseguire con l’incontro tecnico, sulla base del piano presentato, il giorno successivo
presso il MIMIT con la partecipazione dei Commissari Straordinari di ADI in AS.
Unitariamente abbiamo respinto la proposta della Presidenza del Consiglio che ci avrebbe
portato a discutere di quel piano di chiusura senza affrontare nodi cruciali come le risorse
necessarie per garantire la marcia degli impianti e una transizione ecologica, realizzabile
esclusivamente attraverso una partecipazione dello Stato, che garantisca la realizzazione
della trasformazione del ciclo integrale del processo siderurgico.
Più volte dall’inizio di questa amministrazione straordinaria, abbiamo sostenuto a palazzo
Chigi come sia indispensabile che sia lo Stato ad assumersi la responsabilità di un percorso
di rilancio altrimenti mai potrà crederci il mercato, specie in una fase di grave crisi
congiunturale.
Per tali ragioni Fim, Fiom e Uilm il giorno successivo all’incontro tenutosi a Palazzo Chigi
hanno indetto le assemblee, che si sarebbero dovute tenere lunedì 17 novembre per
rappresentare ai lavoratori il piano di chiusura del Governo in assenza di alternative al fine
di decidere le azioni di mobilitazione conseguenti.
Non era per nulla scontato che il governo convocasse le OO.SS. a distanza di 24 ore
dall’ultimo incontro e lo si deve sicuramente alla determinazione di Fim, Fiom e Uilm nel
rivendicare un altro piano che non fosse la dismissione degli stabilimenti dell’ex ILVA.
Il Consiglio di fabbrica dei RSU, preso atto della convocazione a Palazzo Chigi, ha pertanto
momentaneamente sospeso le assemblee e le iniziative di mobilitazione ma in assenza di
risposte chiare sulla fase di criticità che attraversano gli stabilimenti e senza il ritiro di
quel piano di chiusura torneremo a lottare per impedire che a pagare ancora una volta il
prezzo più alto delle mancate scelte politiche siano i lavoratori e i cittadini di intere
comunità.
Consiglio di fabbrica ADI IN AS RSU FIM – FIOM – UILM